
Per un nuovo umanesimo.Itinerari
Mimesis, Milano 2016
Il tempo in cui viviamo è caratterizzato da un insieme di miti apparentemente indistruttibili che si chiamano mercato globale, crescita, sviluppo, profitto, tecnocrazia: la promessa che contengono è quella di un mondo di pace, benessere e giustizia, non oggi purtroppo ma in un futuro lontano.
La realtà del presente, quella che veramente conta, è però altro: l’assedio di un nuovo terrorismo creato in gran parte dalle politiche occidentali, la morte per fame e malattie di sei milioni di bambini ogni anno, l’aumento esponenziale del divario tra ricchi e poveri, l’imminenza del disastro ambientale, guerre, precarietà, disagio psicologico generalizzato.
Nell’enciclica Laudato si’ papa Francesco ha sottolineato con forza la necessità impellente di un nuovo umanesimo non più esclusivamente antropocentrico, con un discorso ecologico che lega la protezione dell’ambiente all’urgenza etica di tutelare le vittime della storia dominante, delineando una nuova immagine dell’uomo e riscoprendo un Divino diversissimo dal Dio dei potenti venerato per millenni.
Occorre scegliere di situarsi, ha scritto Raul Fornet-Betancourt, nella diversità culturale distrutta, schiacciata o emarginata dalle imprese coloniali che hanno oppresso l’umanità specialmente nell’età del furore smisurato provocato dalla modernità capitalistica centroeuropea.
Questo nuovo umanesimo (che Raimon Panikkar ha chiamato visione cosmoteandrica) oggi vuol dire allora dialogo a 360 gradi, oltre ogni riduzionismo e visione parziale e unilaterale della realtà: dialogo interculturale e interreligioso, dialogo con le psicologie del profondo e con le scienze cognitive, salutare immersione nella nostra radice “naturale” e ridimensionamento dei miti storicistici, dialogo con il pensiero femminile, oltre la falsa neutralità del pensiero maschile, dialogo con le grandi tradizioni “esoteriche” occidentali, forme di pensiero interrotte e rimosse all’interno della nostra storia culturale e capaci di restituire agli esseri umani quella libertà creativa e quella gioia di vivere che i miti attualmente dominanti stanno distruggendo.
Mimesis, Milano 2016
Il tempo in cui viviamo è caratterizzato da un insieme di miti apparentemente indistruttibili che si chiamano mercato globale, crescita, sviluppo, profitto, tecnocrazia: la promessa che contengono è quella di un mondo di pace, benessere e giustizia, non oggi purtroppo ma in un futuro lontano.
La realtà del presente, quella che veramente conta, è però altro: l’assedio di un nuovo terrorismo creato in gran parte dalle politiche occidentali, la morte per fame e malattie di sei milioni di bambini ogni anno, l’aumento esponenziale del divario tra ricchi e poveri, l’imminenza del disastro ambientale, guerre, precarietà, disagio psicologico generalizzato.
Nell’enciclica Laudato si’ papa Francesco ha sottolineato con forza la necessità impellente di un nuovo umanesimo non più esclusivamente antropocentrico, con un discorso ecologico che lega la protezione dell’ambiente all’urgenza etica di tutelare le vittime della storia dominante, delineando una nuova immagine dell’uomo e riscoprendo un Divino diversissimo dal Dio dei potenti venerato per millenni.
Occorre scegliere di situarsi, ha scritto Raul Fornet-Betancourt, nella diversità culturale distrutta, schiacciata o emarginata dalle imprese coloniali che hanno oppresso l’umanità specialmente nell’età del furore smisurato provocato dalla modernità capitalistica centroeuropea.
Questo nuovo umanesimo (che Raimon Panikkar ha chiamato visione cosmoteandrica) oggi vuol dire allora dialogo a 360 gradi, oltre ogni riduzionismo e visione parziale e unilaterale della realtà: dialogo interculturale e interreligioso, dialogo con le psicologie del profondo e con le scienze cognitive, salutare immersione nella nostra radice “naturale” e ridimensionamento dei miti storicistici, dialogo con il pensiero femminile, oltre la falsa neutralità del pensiero maschile, dialogo con le grandi tradizioni “esoteriche” occidentali, forme di pensiero interrotte e rimosse all’interno della nostra storia culturale e capaci di restituire agli esseri umani quella libertà creativa e quella gioia di vivere che i miti attualmente dominanti stanno distruggendo.

Con un altro sguardo - Piccola introduzione alla filosofia interculturale
Donzelli, Roma 2015
Per far fronte ai terribili mali del presente è fondamentale superare l'ideologia coloniale, cioè la convinzione che la cultura occidentale sia superiore in tutto e per tutto alle altre culture che abitano il pianeta. Occorre aprirsi a un mutamento di paradigma basato su un autentico dialogo con popoli, civiltà, religioni e tradizioni diverse, che la globalizzazione oggi fa entrare in contatto come mai nel passato. Sul piano filosofico, il vecchio modello monoculturale di ragione e di sviluppo è in crisi, e il pluralismo, chiave di volta di una nuova filosofia declinata in senso interculturale, rifiuta ogni arroganza eurocentrica e la credenza che una sola cultura possa dar conto con i suoi parametri e categorie dell'infinita complessità del reale. Senza il dialogo, senza il superamento dell'individualismo, senza l'ascolto "imparativo", come lo ha chiamato Raimon Panikkar, degli "altri", dei loro valori e delle loro idee, spesso incompatibili coi nostri attuali miti, non solo non costruiremo mai pace e giustizia, ma rischiamo la distruzione violenta dell'homo sapiens. Non si tratta di rinunciare ai nostri valori, né alla necessaria fermezza nel difenderli contro attacchi brutali e disumani: si tratta invece di non ricercare più un'illusoria universalità transculturale(fondata nella nostra ragione) e di mettersi in gioco in quella che M.Oakeshott ha definito la “conversazione del genere umano”.
Donzelli, Roma 2015
Per far fronte ai terribili mali del presente è fondamentale superare l'ideologia coloniale, cioè la convinzione che la cultura occidentale sia superiore in tutto e per tutto alle altre culture che abitano il pianeta. Occorre aprirsi a un mutamento di paradigma basato su un autentico dialogo con popoli, civiltà, religioni e tradizioni diverse, che la globalizzazione oggi fa entrare in contatto come mai nel passato. Sul piano filosofico, il vecchio modello monoculturale di ragione e di sviluppo è in crisi, e il pluralismo, chiave di volta di una nuova filosofia declinata in senso interculturale, rifiuta ogni arroganza eurocentrica e la credenza che una sola cultura possa dar conto con i suoi parametri e categorie dell'infinita complessità del reale. Senza il dialogo, senza il superamento dell'individualismo, senza l'ascolto "imparativo", come lo ha chiamato Raimon Panikkar, degli "altri", dei loro valori e delle loro idee, spesso incompatibili coi nostri attuali miti, non solo non costruiremo mai pace e giustizia, ma rischiamo la distruzione violenta dell'homo sapiens. Non si tratta di rinunciare ai nostri valori, né alla necessaria fermezza nel difenderli contro attacchi brutali e disumani: si tratta invece di non ricercare più un'illusoria universalità transculturale(fondata nella nostra ragione) e di mettersi in gioco in quella che M.Oakeshott ha definito la “conversazione del genere umano”.

L'Età Oscura
Mimesis, Milano 2014
Violenza, guerre, ingiustizie, fame e povertà per un miliardo e mezzo di esseri umani, devastanti malattie psichiche, disoccupazione, precarietà generalizzata, crisi economica planetaria sono sintomi e segni del tempo in cui viviamo e che nel corso del Novecento si sono esasperati e intensificati: di essi R.Guénon(1886-1951) tenta di mettere a fuoco le premesse nell’oblio progressivo della Tradizione e nell’avvento finale della Modernità. Guénon, grande pioniere di quel nuovo modo di fare filosofia che da un paio di decenni si propone come “filosofia interculturale” e rappresenta lo sforzo di superare una volta per tutte l’ideologia coloniale, cioè la convinzione che la cultura occidentale non solo sia superiore alle altre innumerevoli culture che hanno abitato e abitano il pianeta, ma anche sia depositaria della vera filosofia, della vera religione, della vera scienza etc., interpreta questo tempo come l’ultima fase del Kali-yuga, l’“età oscura” prevista dalle scritture tradizionali hindu.
Eppure non c’è nulla di conservatore o “reazionario” nella sua critica del Moderno, persino più radicale della critica di Marx alla società capitalistica e della critica di Nietzsche alla “decadenza” occidentale. La modernità, nello scenario di quell’immenso processo alchemico che è la “storia”, fuori da ogni illusione “progressista”, è epoca cruciale da attraversare necessariamente e integrare perchè, oltre la sua stessa dissoluzione post-moderna, si rimanifesti in pienezza la Sapienza originaria, perenne novità, nell’evento di “nuova terra e nuovo cielo”.
Mimesis, Milano 2014
Violenza, guerre, ingiustizie, fame e povertà per un miliardo e mezzo di esseri umani, devastanti malattie psichiche, disoccupazione, precarietà generalizzata, crisi economica planetaria sono sintomi e segni del tempo in cui viviamo e che nel corso del Novecento si sono esasperati e intensificati: di essi R.Guénon(1886-1951) tenta di mettere a fuoco le premesse nell’oblio progressivo della Tradizione e nell’avvento finale della Modernità. Guénon, grande pioniere di quel nuovo modo di fare filosofia che da un paio di decenni si propone come “filosofia interculturale” e rappresenta lo sforzo di superare una volta per tutte l’ideologia coloniale, cioè la convinzione che la cultura occidentale non solo sia superiore alle altre innumerevoli culture che hanno abitato e abitano il pianeta, ma anche sia depositaria della vera filosofia, della vera religione, della vera scienza etc., interpreta questo tempo come l’ultima fase del Kali-yuga, l’“età oscura” prevista dalle scritture tradizionali hindu.
Eppure non c’è nulla di conservatore o “reazionario” nella sua critica del Moderno, persino più radicale della critica di Marx alla società capitalistica e della critica di Nietzsche alla “decadenza” occidentale. La modernità, nello scenario di quell’immenso processo alchemico che è la “storia”, fuori da ogni illusione “progressista”, è epoca cruciale da attraversare necessariamente e integrare perchè, oltre la sua stessa dissoluzione post-moderna, si rimanifesti in pienezza la Sapienza originaria, perenne novità, nell’evento di “nuova terra e nuovo cielo”.

La pace è un'utopia?
Rubbettino, Soveria Mannelli, 2006
“La nostra cultura tecnocratica, attraverso il culto dell'accelerazione, ha trasgredito i ritmi naturali della natura e della mente, e ha prodotto una società che, oltre a non avere la pace, ne rende difficile e urgente la realizzazione ai nostri giorni [...]. Dall'ultimo conflitto mondiale, più di mille persone al giorno cadono vittime della guerra, milioni sono i profughi del mondo, i bambini che vivono abbandonati sulla strada e la gente che muore di fame [...].Se vi è pace interiore, esiste ancora qualche possibilità di sopravvivenza. La pace è più che un'assenza di conflitti armati. Se non c'è pace dentro di noi non vi può essere pace nemmeno attorno a noi. D'altra parte, non è possibile godere in pienezza la pace interiore se il nostro ambiente umano ed ecologico subisce violenza o ingiustizia.La pace interiore produce la pace esteriore e questa nutre la pace interiore [...]. La filosofia della vita intesa come 'la sapienza dell'amore' propria della vita stessa ci aiuta a superare la dicotomia fra interiorità ed esteriorità, ad accettare la pace come un dono, a comprendere che nessuna vittoria porta mai alla pace, e che oggi dobbiamo disarmare le nostre rispettive culture insieme con l'eliminazione delle armi. Le nostre culture sono spesso bellicose, trattano gli altri come nemici, barbari, selvaggi, primitivi, pagani, non credenti, intolleranti e così via. Il disarmo culturale è il requisito indispensabile per garantire la pace e giungere ad un disarmo duraturo” (da un'intervista a Raimon Panikkar).Tutto questo richiede un autentico dialogo interculturale, che ci faccia conoscere e amare le culture diverse dalla nostra e riconoscere, attraverso quelle, i limiti della nostra, senza che questo significhi cadere nel relativismo o abbandonarsi ad un'impossibile utopia.
Rubbettino, Soveria Mannelli, 2006
“La nostra cultura tecnocratica, attraverso il culto dell'accelerazione, ha trasgredito i ritmi naturali della natura e della mente, e ha prodotto una società che, oltre a non avere la pace, ne rende difficile e urgente la realizzazione ai nostri giorni [...]. Dall'ultimo conflitto mondiale, più di mille persone al giorno cadono vittime della guerra, milioni sono i profughi del mondo, i bambini che vivono abbandonati sulla strada e la gente che muore di fame [...].Se vi è pace interiore, esiste ancora qualche possibilità di sopravvivenza. La pace è più che un'assenza di conflitti armati. Se non c'è pace dentro di noi non vi può essere pace nemmeno attorno a noi. D'altra parte, non è possibile godere in pienezza la pace interiore se il nostro ambiente umano ed ecologico subisce violenza o ingiustizia.La pace interiore produce la pace esteriore e questa nutre la pace interiore [...]. La filosofia della vita intesa come 'la sapienza dell'amore' propria della vita stessa ci aiuta a superare la dicotomia fra interiorità ed esteriorità, ad accettare la pace come un dono, a comprendere che nessuna vittoria porta mai alla pace, e che oggi dobbiamo disarmare le nostre rispettive culture insieme con l'eliminazione delle armi. Le nostre culture sono spesso bellicose, trattano gli altri come nemici, barbari, selvaggi, primitivi, pagani, non credenti, intolleranti e così via. Il disarmo culturale è il requisito indispensabile per garantire la pace e giungere ad un disarmo duraturo” (da un'intervista a Raimon Panikkar).Tutto questo richiede un autentico dialogo interculturale, che ci faccia conoscere e amare le culture diverse dalla nostra e riconoscere, attraverso quelle, i limiti della nostra, senza che questo significhi cadere nel relativismo o abbandonarsi ad un'impossibile utopia.

Oltre il Nichilismo
Angeli, Milano 2003
L'opera di G. Vallin prende le mosse da una nozione decisiva del pensiero di R. Guénon, quella dimetafisica , senza comune misura con quel che la tradizione filosofica occidentale, inaugurata da Aristotele, ha inteso con questo termine, e che ne rende anzi possibile una critica radicale, accostabile a quella di Nietzsche e Heidegger.
Essa schiude l'orizzonte di una philosophia perennis , da non intendere in senso scolastico e leibniziano, che declinandosi quale "prospettiva metafisica" d'ispirazione "non-dualista" (con riferimento all' Advaita-vedanta del maestro hindu Sankara) da un lato smaschera il carattere "caricaturale" di quanto Kant, Marx e Nietzsche hanno legittimamente combattuto coi nome di metafisica, e dall'altro è in grado di intrattenere con il Moderno (e con le categorie filosofiche e teologiche del pensiero occidentale) una relazione ermeneutica di messa in luce reciproca che rende ragione dei suoi esiti nichilistici e spinge oltre essi, verso una nuova e ancora impensabile Trascendenza.
Completamente estranea ad un'attitudine tradizionalistica come potrebbe d'acchito e acriticamente essere imputata ad un qualsiasi perennialism , essa "integra", in senso junghiano, e senza la minima traccia di un ottuso reazionarismo antimoderno, quella modernità che è, per citare S. Paolo, l'"eone" nel quale attualmente "si vive e si cammina". E nelle saggezze non dualiste d'Oriente (non solo il Vedanta ma anche il buddhismo di Nagarjuna, il taoismo di Chuang Tzu etc.) che l'autentica metafisica ha trovato le sue formulazioni concettuali più coerenti ed esplicite, e soprattutto inattaccabili da quel radicale sospetto nietzscheano o freudiano già enunciato e risolto nel testi dello yoga o nelle analisi psicologiche del buddhismo. Esse consentono di cogliere nel nichilismo l'esito necessario di una cultura dominata dalle conseguenze della "rivolta antiplatonica" di Aristotele e dal monoteismo dogmatico delle teologie filosofiche giudeo-cristiane (non la tradizione su Gesù), e fondata sull'affermazione, che il cogito cartesiano ha imposto con forza, della realtà dell' ego come soggetto .
La " prospettiva metafisica" di G. Vallin chiarisce il senso profondo del "tragico" che si trova alla radice dell'ego che la dissoluzione nietzscheana del soggetto ha mostrato in tutta la sua potenza di negazione senza riuscire a venirne fuori se non nell'impotenza di una delirante "inflazione archetipica" -, e attende l' evento che rovescia l'attuale vicinanza del Nulla in prossimità del Non-essere, cioè l'Assoluto transpersonale che si trova al cuore delle tradizioni sapienziali d'Oriente e d'Occidente.
Angeli, Milano 2003
L'opera di G. Vallin prende le mosse da una nozione decisiva del pensiero di R. Guénon, quella dimetafisica , senza comune misura con quel che la tradizione filosofica occidentale, inaugurata da Aristotele, ha inteso con questo termine, e che ne rende anzi possibile una critica radicale, accostabile a quella di Nietzsche e Heidegger.
Essa schiude l'orizzonte di una philosophia perennis , da non intendere in senso scolastico e leibniziano, che declinandosi quale "prospettiva metafisica" d'ispirazione "non-dualista" (con riferimento all' Advaita-vedanta del maestro hindu Sankara) da un lato smaschera il carattere "caricaturale" di quanto Kant, Marx e Nietzsche hanno legittimamente combattuto coi nome di metafisica, e dall'altro è in grado di intrattenere con il Moderno (e con le categorie filosofiche e teologiche del pensiero occidentale) una relazione ermeneutica di messa in luce reciproca che rende ragione dei suoi esiti nichilistici e spinge oltre essi, verso una nuova e ancora impensabile Trascendenza.
Completamente estranea ad un'attitudine tradizionalistica come potrebbe d'acchito e acriticamente essere imputata ad un qualsiasi perennialism , essa "integra", in senso junghiano, e senza la minima traccia di un ottuso reazionarismo antimoderno, quella modernità che è, per citare S. Paolo, l'"eone" nel quale attualmente "si vive e si cammina". E nelle saggezze non dualiste d'Oriente (non solo il Vedanta ma anche il buddhismo di Nagarjuna, il taoismo di Chuang Tzu etc.) che l'autentica metafisica ha trovato le sue formulazioni concettuali più coerenti ed esplicite, e soprattutto inattaccabili da quel radicale sospetto nietzscheano o freudiano già enunciato e risolto nel testi dello yoga o nelle analisi psicologiche del buddhismo. Esse consentono di cogliere nel nichilismo l'esito necessario di una cultura dominata dalle conseguenze della "rivolta antiplatonica" di Aristotele e dal monoteismo dogmatico delle teologie filosofiche giudeo-cristiane (non la tradizione su Gesù), e fondata sull'affermazione, che il cogito cartesiano ha imposto con forza, della realtà dell' ego come soggetto .
La " prospettiva metafisica" di G. Vallin chiarisce il senso profondo del "tragico" che si trova alla radice dell'ego che la dissoluzione nietzscheana del soggetto ha mostrato in tutta la sua potenza di negazione senza riuscire a venirne fuori se non nell'impotenza di una delirante "inflazione archetipica" -, e attende l' evento che rovescia l'attuale vicinanza del Nulla in prossimità del Non-essere, cioè l'Assoluto transpersonale che si trova al cuore delle tradizioni sapienziali d'Oriente e d'Occidente.

L'arca perduta
Pontecorboli, Firenze 1996
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Pontecorboli, Firenze 1996
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La dimensione del cuore
Ediz. Istituto Stensen, Firenze 1993
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Ediz. Istituto Stensen, Firenze 1993
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Otto Liebmann - Kant e gli epigoni
Editoriale Scientifica, Napoli 1990
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Editoriale Scientifica, Napoli 1990
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Ricerca della felicità e religione in Ludwig Feuerbach - Scritti scelti (1851-1869)Giuditta, Roma-Catanzaro 1983
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